Sophie Scholl - die letzten Tage
Regie: Marc Rothemund
mit: Julia Jentsch, Fabian Hinrichs, Alexander Held, Johanna Gastdorf, André Hennicke, Florian Stetter
Sophie kämpft zunächst um ihre Freiheit und um die ihres Bruders, stellt sich schließlich durch ihr Geständnis schützend vor die anderen Mitglieder der Weißen Rose und schwört ihren Überzeugungen auch dann nicht ab, als sie dadurch ihr Leben retten könnte.
Sophie Scholl - Die letzten Tage ist das sensible Porträt einer der wenigen Heldinnen der deutschen Geschichte: Der Film schildert die letzten sechs Tage im Leben von Sophie Scholl aus ihrer ganz persönlichen Perspektive die bewundernswerte Stärke einer jungen, lebenslustigen Frau, die für ihre Idee der Weißen Rose selbst den Tod in Kauf nimmt. Durch ihr Aufbegehren gegen den Nationalsozialismus wurden Sophie Scholl und die anderen Mitglieder der Widerstands-
gruppe zum Inbegriff für Zivilcourage, für einen friedlichen Kampf gegen Gewaltherrschaft und Unterdrückung.
Der Film hält sich so weit es geht streng an die historischen Fakten, ist aber als Spielfilm geschrieben und inszeniert.
Besonders fasziniert hat mich die Tatsache, dass der Gestapo-Beamte Robert Mohr, ein Vernehmungs-Spezialist mit 26 Jahren Berufserfahrung, nach dem ersten fünfstündigen Verhör tatsächlich der Meinung war, Sophie Scholl sei unschuldig. Sie hat ihn fünf Stunden lang getäuscht, ohne je im falschen Moment zu zögern oder mit der Wimper zu zucken - eine unglaubliche Leistung. Sogar als nach einer Hausdurchsuchung erdrückende Beweise gegen sie gefunden werden, leugnet sie weiter. Erst als man ihr das Protokoll vorhält, in dem ihr Bruder alles gesteht und auf sich nimmt, sagt sie: Ja, ich war dabei, und ich bin stolz darauf.
Fortan versucht sie, ihre Freunde zu schützen und dem Vernehmungsbeamten weiszumachen, dass die Weiße Rose, die in ihren Flugblättern immer den Anschein einer großen Organisation erweckt hat, nur aus ihr und ihrem Bruder bestand.
Marc Rothemund
Sophie Scholl - Gli ultimi giorni racconta l´ arresto, il processo e la messa a morte della giovane bavarese che insieme con il fratello e altri animò nel 1943 il movimento antinazista della «Rosa Bianca». Per chi frequenta da anni la Berlinale, assistere alla proiezione di questo film al Festival è stata un´ esperienza nuova. Fino a qualche tempo fa, infatti, ogni pellicola impegnata a rivangare orrori e miserie del Terzo Reich suscitava qui, nel buio della sala, segnali di inquietudine, un vago disagio, una smania di arrivare presto al riaccendersi delle luci. Niente di tutto ciò si è percepito ieri assistendo al film di Marc Rothemund: solo un religioso silenzio, una commozione crescente e un vibrante applauso finale. Scandito dal passaggio di due generazioni, il tempo ha sdoganato i sensi di colpa, i risentimenti per la guerra perduta, le amarezze dei prezzi pagati negli anni difficili. Ormai i tedeschi sentono di poter parlare di ciò che è accaduto al tempo dei nonni con dolente serenità; e far tesoro del messaggio di chi reagì alla svastica pagando di persona. Sei giorni esatti dal 17 al 22 febbraio, durò il calvario della 21enne Sophie, sorpresa in flagrante mentre diffondeva volantini all´ università, a lungo interrogata per strapparle nomi di complici (che rifiutò di fare) e frettolosamente ghigliottinata. Altri registi, da Michael Verhoeven a Percy Adlon, avevano già raccontato questa tragedia, ma Rothemund ha potuto avvalersi dei documenti emersi dagli archivi segreti della Germania Est e ricostruire parola per parola il duello fra la resistente e lo sbirro della Gestapo. Questo Robert Mohr era un funzionario di lungo corso, attento nel valutare le prove e non alieno dal riconoscere qualche attenuante a Sophie, sicché lo vediamo alternare gesti di umanità (la sigaretta, il caffè) a improvvise esplosioni di furore in risposta alla chiusura difensiva della prigioniera. Che però ben presto, crollati gli alibi, ammette la propria responsabilità. A parte una blanda riserva sulla tessitura drammaturgica, lo stile del film è secco, privo di retorica o sentimentalismo: e i duellanti sono incarnati da un paio di eccezionali talenti del teatro di Monaco, Julia Jentsch e Alexander Held, attento a far trapelare la contraddittoria umanità del funzionario. E mentre lei porge il collo alla mannaia, nell´ occhio dell´ inquisitore si legge in anticipo la sconfitta che decreterà la storia.
Da Corriere della Sera, 14 Febbraio 2005